La banda della Magliana era un'organizzazione criminale di stampo mafioso nata ed operante a Roma, principalmente, e nel resto d’Italia, attiva tra la fine degli anni Settanta e l'inizio degli anni Novanta. Il nome, attribuito dalla stampa dell'epoca, deriva dall'omonimo quartiere romano nel quale risiedevano alcuni dei fondatori e dei membri, sebbene altri fossero originari di altre zone della capitale; l'organizzazione si era infatti estesa su tutta la città, potendo contare sulla connivenza di malavitosi di alto livello.[1]
Nata nella seconda metà degli anni Settanta, crocevia degli anni di piombo, la banda della Magliana fu la prima organizzazione criminale romana a unificare in senso operativo la frastagliata realtà della malavita locale, costituita fino ad allora da piccoli gruppi di criminali detti "batterie" o "paranze" dediti a crimini specifici, che imponeva ai propri membri un vincolo di esclusività, che vietava potessero dedicarsi a imprese criminali che non fossero concordate con gli altri, e di reciprocità, dividendo i proventi dei crimini in parti uguali anche fra i membri che non partecipavano (in romanesco: "stecca para pe' tutti").
Le attività criminali andavano dai sequestri di persona al controllo del gioco d'azzardo e delle scommesse ippiche, dalle rapine al traffico di droga; col tempo la banda estese la propria rete di contatti alle principali organizzazioni criminali italiane, da Cosa nostra alla camorra, nonché a esponenti della massoneria in Italia, oltre a numerose collaborazioni con elementi del terrorismo nero e della finanza.
La storia dell'organizzazione è fatta di legami mai del tutto chiariti con alcuni partiti politici e con servizi segreti quali SISMI e SISDE e con l'organizzazione Gladio[2] e di coinvolgimenti in numerose vicende della storia italiana: il caso Moro[3], l'omicidio del giornalista Mino Pecorelli[4], i depistaggi nella strage di Bologna[5], l'omicidio del banchiere Roberto Calvi[6], le sparizioni di Mirella Gregori[7] e di Emanuela Orlandi.[8]